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STORIOGRAFIA

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1764

1794

1917

L’Ucraina è un Paese molto vasto, grande il doppio dell’Italia, che si trova a sud ovest della Russia e confina con gli Stati più orientali dell’Unione Europea: Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania. Il suo nome vuol dire «terra di confine» proprio perché è alla frontiera tra Est e Ovest e la sua capitale è Kiev.

Nel 1793, l’Ucraina dell’ovest fu annessa all’impero russo. Negli anni che seguirono, la cosiddetta politica di “russificazione” vietò l’uso e lo studio della lingua ucraina, e la popolazione fu spinta a convertirsi alla fede ortodossa russa.

Per molto tempo l’Ucraina è stata parte della Russia, governata allora da un imperatore chiamato zar: all’epoca la lingua e la cultura ucraina erano fuori legge e i movimenti per l’indipendenza del Paese venivano repressi dal governo.

Nel 1917 in Russia scoppiò la rivoluzione e prese il potere il partito bolscevico, detto anche comunista, che eliminò lo zar e la sua famiglia. Dopo una dura guerra civile tra i Rossi bolscevichi e i Bianchi contrari alla rivoluzione, che furono sconfitti, l’impero divenne una Unione di repubbliche socialiste (Unione Sovietica, in sigla Urss), tra le quali venne compresa anche l’Ucraina nel 1922.

Gli ucraini ebbero così il diritto di usare la loro lingua e anche quello di staccarsi dall’Urss, ma solo in teoria, perché in quel Paese tutto il potere politico ed economico era in mano al Partito comunista, guidato prima da Vladimir Lenin e poi da Iosif Stalin. 

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L'URSS DAL '22

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Isolata sul piano diplomatico e in gravissima crisi economica, l’URSS fu dominata nei primi anni dal problema della successione di Lenin, morto nel 1924. Da questo confronto emerse nella seconda metà degli anni Venti Stalin, il quale dominò l’Unione Sovietica sino alla sua morte avvenuta nel 1953.

Sotto Stalin l’URSS si trasformò in un regime dittatoriale di tipo totalitario, finalizzato alla modernizzazione accelerata del paese. Contro i suoi oppositori Stalin riteneva che fosse possibile instaurare il ‘socialismo in un solo paese’. avviò un processo di industrializzazione, fondato sulla piena statalizzazione dei mezzi di produzione e sull’introduzione di una ‘economia pianificata’, diretta cioè dallo Stato e completamente sottratta ai meccanismi del mercato. Queste trasformazioni resero possibile una forte crescita dell’industria, ma portarono alla costruzione di un regime duramente oppressivo, che distrusse ogni forma di dissenso attraverso il ricorso a epurazioni su vasta scala (le ‘purghe’ staliniane), al terrore e ai campi di concentramento (Gulag).

Nell’agosto 1939 strinse un patto di non aggressione con la Germania nazista che aprì le porte allo scoppio in settembre del conflitto mondiale. Malgrado ciò, l’URSS venne invasa dai Tedeschi nel 1941 e fu poi, con gli Stati Uniti, uno dei principali artefici della sconfitta di Hitler. Terminate le ostilità, l’Unione Sovietica divenne, in opposizione agli USA, uno dei due attori fondamentali della politica mondiale, stabilendo il proprio dominio sull’Europa centro-orientale, dove si consolidò un ampio sistema di Stati satelliti retti secondo il modello sovietico, e dando avvio alla costruzione di un enorme arsenale di armi nucleari.

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UNIONE SOVIETICA NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

L'Unione Sovietica nella seconda guerra mondiale ha avuto una parte decisiva nella vittoria degli Alleati sulla Germania.

L'Armata Rossa sovietica dovette combattere sull'immenso Fronte orientale dal 1941 al 1945.

Dopo aver stipulato un accordo sulla sicurezza dei propri confini con la Germania nazista, l'Unione Sovietica guidata da Stalin si trovò impreparata di fronte alla potenza tedesche: la 

fase iniziale fu caratterizzata da gravissime sconfitte e dall'invasione del territorio sovietico dell'Ucraina, Bielorussia, Crimea, paesi baltici, l'Armata Rossa riuscì finalmente a fermare l'avanzata tedesca e a passare alla controffensiva. 

Stalin durante la seconda guerra mondiale riuscì a organizzare le forze economiche, politiche e militari del paese, mantenne la coesione nelle varie nazionalità, sostenne e accrebbe il patriottismo tra i popoli sovietici. Le armate sovietiche, potentemente equipaggiate con migliaia di carri armati, cannoni e aerei, e sostenute anche dagli importanti aiuti economici e militari degli Alleati occidentali, terminarono la guerra in Europa con la conquista di Berlino e con la vittoria totale sulla Germania nazista.

Con la vittoria, l'Unione Sovietica accrebbe enormemente il suo prestigio e la sua influenza nel mondo, divenendo la seconda potenza mondiale rivale agli Stati Uniti d'America . 

PERESTROIKA

Michail Gorbaciov: le sue riforme, note con il nome di Perestroika, sembrano aver condotto alla dissoluzione dell’Unione Sovietica e alla fine della Guerra Fredda. Gorbaciov era un sostenitore del comunismo. è stato il più giovane capo dell’Unione Sovietica, eletto nel 1985. Si fece largo all’università e nella carriera politica, guadagnandosi l’appoggio di grandi esponenti politici. Vista la tenacia dimostrata nel modernizzare il sistema comunista, il Politburo pose fiducia nel capo sovietico, credendo che potesse rendere l’Unione Sovietica una degna avversaria dell’Occidente. La classe politica era corrotta e le repubbliche sovietiche richiedevano maggiore indipendenza.

 

Gorbaciov profuse un grandissimo sforzo nel mantenere vivo il sogno comunista.

Anche i suoi predecessori avevano riconosciuto la necessità di introdurre nuove riforme, vista l'inabilità del Paese di competere con la NATO. L’opinione degli storici è che l’Urss sarebbe caduta con o senza il suo intervento. L'errore del leader fu quello di pensare che tali obiettivi si potessero raggiungere attraverso la modernizzazione del sistema comunista, quando l’ideologia del partito impediva l’introduzione del mercato libero. Le riforme di Gorbaciov possono essere divise in: Perestroika, Glasnot e Uskenie, anche se le ultime due convergevano nella “ricostruzione” della Federazione. Gli obiettivi della Perestroika puntavano a ricostruire il sistema economico sovietico permettendo una liberalizzazione.

 

Il frangente politico venne revisionato, permettendo una pluralità politica e riducendo l’apparato militare. Le riforme della Perestroika erano “incomplete”, perché una transizione al libero mercato avrebbe minato l’ideologia comunista. Gorbaciov aveva intenzione di passare da un regime totalitario ad uno autoritario, permettendo una discreta libertà al partito di opposizione. Furono queste azioni a renderlo sgradito agli occhi di molti: si inimicò i conservatori e gli integralisti.

Dal 1989 al 91: Punti chiave

Tra il 1989 e il 1991, nell'Europa orientale crollano i vecchi regimi,si riunifica la Germania (1990) e all'interno dell’URSS esplodono le tendenze centrifughe.

1989-'91

Tra il 1989 e il 1991, nell'Europa orientale crollano i vecchi regimi (Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Bulgaria, Germania orientale, Romania), si riunifica la Germania (1990) e all'interno dell’URSS esplodono le tendenze centrifughe.

Sono del 1990 le dichiarazioni di sovranità delle tre repubbliche baltiche e della Georgia, cui segue la Russia, la repubblica più importante dell'Unione. Per mesi tra governo sovietico e repubbliche, innanzitutto quella russa, si scatena una “guerra di decreti” per il controllo delle tasse e delle risorse. Nel giugno del 1991, l'elezione a presidente della Repubblica russa di Boris Elzin - che vuole accelerare il processo di liberalizzazione politica ed economica - dà luogo a un vero e proprio “dualismo di poteri” tra governo russo e governo sovietico, che alimenta il caos e indebolisce il potere centrale. Gorbaciov tenta di bloccare le spinte separatiste attraverso un nuovo trattato dell'Unione, capace di coniugare l'ampliamento delle autonomie delle repubbliche con la conservazione dell'URSS. Eltsin partecipa ai lunghi e complessi negoziati per il nuovo patto federativo, ma nello stesso tempo promuove accordi separati tra le repubbliche.

Si giunge così al colpo di Stato del 19 agosto 1991, organizzato da alcuni esponenti del PCUS, del governo e delle forze armate, per rovesciare Gorbaciov e riportare al potere i comunisti conservatori. Il rapido fallimento di quel tentativo eversivo (21 agosto) ha effetti dirompenti: fa di Eltsin, che ha guidato la resistenza a Mosca, il vero detentore del potere e relega in secondo piano Gorbaciov, che lascia la carica di segretario generale del partito. Il PCUS viene sciolto dal parlamento russo e i suoi beni confiscati.

Nei mesi successivi si compie lo sgretolamento definitivo dell'Unione Sovietica: l'8 dicembre 1991 Eltsin e i presidenti di Ucraina e Bielorussia proclamano la nascita della Comunità degli Stati Indipendenti e il 21 dicembre il Trattato di Alma Ata estende quell'accordo alle rimanenti repubbliche (con l’esclusione di Lituania, Estonia, Lettonia e Georgia ormai indipendenti).

La sera del 25 dicembre 1991, in un discorso televisivo, Mikhail Gorbaciov, dopo aver spiegato la necessità delle riforme intraprese dalla primavera del 1985, aver rivendicato la loro valenza storica e ribadito di essersi battuto per la sovranità delle repubbliche ma anche per la conservazione della loro Unione, prende atto che è prevalsa la linea di disgregazione dello Stato e rassegna le dimissioni da presidente dell'URSS.

La bandiera rossa con la falce e il martello viene ammainata dal palazzo del Cremlino e il 26 dicembre 1991 l'URSS viene ufficialmente sciolta.

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Dalla dissoluzione dell'URSS nascono Stati indipendenti in Europa (Ucraina, Moldavia, Bielorussia, Estonia, Lettonia e Lituania), nel Caucaso (Georgia, Armenia e Azerbaigian), in Asia centrale (Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan) e, nella maggior parte di quello che era stato il territorio sovietico, la Federazione Russa.

Il referendum riguardo all'indipendenza dell'Ucraina si è svolto il 1º dicembre 1991. L'unica domanda scritta sulle schede era: "Approvi l'Atto di Dichiarazione di Indipendenza dell'Ucraina?" con il testo dell'Atto stampato prima della domanda. Il referendum fu richiesto dal Parlamento dell'Ucraina per confermare l'Atto di Indipendenza, adottato dal Parlamento il 24 agosto 1991.

I cittadini ucraini espressero un sostegno schiacciante per l'indipendenza. Al referendum votarono 31.891.742 (l'84.18% dei residenti) e tra di essi 28.804.071 (il 90.32%) votarono "Sì".

 

L’Ucraina in quanto Stato indipendente è sorto solo nel 1991, all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica. In precedenza questa vasta regione era stata oggetto di aspre contese territoriali sin dai tempi più antichi, ma non aveva mai conosciuto una propria unità statuale. Le zone dell’Ucraina occidentale e centrale, sono state per secoli sotto il controllo politico militare del regno di Svezia e Polonia, dell’Impero Austro Ungarico e dell’Impero Ottomano. Le aree più a est e la penisola della Crimea (spesso contesa), sono state invece storicamente sotto controllo russo. E’ questa la ragione per la quale l’Ucraina moderna ha una doppia anima: le province centrali e occidentali si sentono storicamente e culturalmente più vicine all’Europa occidentale mentre le province orientali si sentono più vicine alla Russia.

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Rivoluzione arancione 

Alle elezioni del 2004 si sono candidati Viktor Janukovyč esponente filorusso e il leader della Nostra Ucraina, Viktor Jušˇcenko le elezioni li videro visti quasi sempre alla pari ma il ballottaggio assegnò la vittoria a Janukovyč. L’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) certificò brogli e illegalità del voto, scatenando una serie di proteste di piazza a cui presero parte centinaia di migliaia di persone vestite di arancione da questo il nome rivoluzioni arancioni. 

Nel frattempo Europa e Stati Uniti rifiutarono il risultato elettorale, mentre il Parlamento ucraino indisse nuove elezioni che sancirono la vittoria di Jušˇcenko con il 51% dei voti. 

Nel frattempo la Costituzione del paese fu rivista e fu limitato il potere della presidenza, trasformando la forma di governo da presidenziale a semipresidenziale. I governi ‘arancioni’ adottarono una politica estera orientata all’approfondimento delle relazioni con l’Unione Europea e con la Nato, mentre i rapporti con Mosca si inasprirono.

Attualità


Per il presidente russo il crollo dell'Urss è stato "la più grande tragedia geopolitica del ventesimo secolo". La sua ossessione è non solo ridare un ruolo di superpotenza globale alla Russia negli affari internazionali, ma anche ricostruire almeno in parte l'influenza di Mosca sulle ex-repubbliche sovietiche: come ha fatto in Bielorussia, in Kazakistan, Georgia, Moldavia e appunto in Ucraina. 
La tesi del capo del Cremlino è che occorre proteggere la Russia con una serie di "stati cuscinetto" dalla presenza della Nato lungo i suoi confini. Ma la Nato è un'alleanza difensiva, non offensiva: non ha alcun piano di minacciare la Russia. E Mosca potrebbe cercare di avere migliori rapporti con le ex-repubbliche sovietiche, dove vivono minoranze di etnia russa, attraverso iniziative economiche e diplomatiche. Invece usa la forza. 

Il 24 febbraio 2022 la Russia di Putin ha dichiarato guerra all'Ucraina. Il capo del Cremlino ha affermato di non avere nessuna intenzione di occupare i territori ucraini, ma di aver lanciato un'operazione speciale per difendere le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk dall ‘"aggressione ucraina". L'obiettivo finale dell'operazione è "proteggere le persone che sono state sottoposte per 8 anni al genocidio del regime di Kiev", ha detto Putin, aggiungendo che Mosca intraprenderà "una smilitarizzazione e denazificazione dell'Ucraina, e consegnerà alla giustizia coloro che hanno commesso numerose atrocità contro i civili”. La dichiarazione di guerra è stata immediatamente seguita dai bombardamenti a Kiev, nelle principali città del Paese e nei punti nevralgici, come aeroporti, stazioni ferroviarie e centrali atte all'approvvigionamento energetico dell'Ucraina.

L'invasione russa dell'Ucraina è il punto d'arrivo della crisi russo-ucraina che dal 2014 contrappone i due Paesi, e che ha subito una escalation prima tra il marzo e l'aprile del 2021, poi all'inizio del 2022 con l'invasione militare. Una delle cause principali del conflitto risiede nella svolta europeista del governo ucraino, e nella sua volontà di aderire alla NATO, osteggiata da Mosca. Infatti, dopo la seconda guerra mondiale l'Ucraina ha rivestito il ruolo di stato-cuscinetto: uno stato, in sostanza, che mantiene una neutralità tattica fra due superpotenze, per scongiurare possibili conflitti. Ma dall'indipendenza del 1991 l'Ucraina ha mostrato diversi segnali di una volontà di avvicinamento alla NATO. Se l'annessione non è ancora avvenuta è solo perché la NATO non può accettare l'ingresso di stati che abbiano ancora conflitti irrisolti al proprio interno. La possibilità di avere uno stato confinante facente parte della NATO però è bastato per mettere in allarme la Russia e farle percepire la minaccia di una sgradita espansione occidentale nel suo campo di influenza geopolitica.

La guerra sta coinvolgendo molti Paesi nel mondo. L'Occidente – Unione Europea, Stati Uniti e NATO – non è intervenuto militarmente in Ucraina, ma ha rafforzato le difese militari al confine con l'area NATO, ha inviato armi e imposto durissime sanzioni a Putin. Dal canto suo, il capo del Cremlino ha firmato un decreto che impone il pagamento del gas russo in rubli, ha vietato l'ingresso nel Paese ai leader europei e ha emanato delle contro-sanzioni nei confronti dell'Occidente. 

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